Il piede piatto ed il “piede pronato valgo”
sono alterazioni di tipo morfologico del piede caratterizzate da valgismo del retropiede e da una riduzione della cosiddetta volta plantare che può raggiungere anche il limite estremo di un completo appiattimento, la prima per un crollo della stessa, la seconda per il suo rovesciamento verso l’interno del piede.
Alla nascita tutti hanno un “piede piatto”: nella prima infanzia, infatti i muscoli sono deboli, i legamenti sono ancora lassi e si ha una fisiologica deviazione del calcagno verso l’esterno. Trascorsi pochi anni (mediamente 5 o 6), si assiste a un progressivo assetto del retropiede, che si sposta verso l’interno, e a un progressivo sviluppo della volta plantare.
Quando per cause ancora non perfettamente note si verifica un processo per cui la volta plantare tarda ad assumere la sua forma e dimensione normale, ci troviamo allora di fronte ad un piede piatto.
Il cardine di tale deformità è a livello del retropiede, costituito da due ossa calcagno e astragalo a contatto tra di loro per mezzo di un’articolazione chiamata sottoastragalica.
L’immaturità e la lassità dei legamenti fanno infatti si che l’astragalo, normalmente posto sopra al calcagno, scivoli verso il basso, in avanti e internamente, trascinando con se tutte le ossa ad esso connesse anteriormente, costringendo il calcagno a ruotare.
Questo movimento di rotazione interna del retropiede prende nome di pronazione.
La pronazione del retropiede ha ripercussioni anche sull’ avampiede.
La caduta dell’astragalo schiaccia infatti la testa del primo metatarso contro il pavimento, facendolo sollevare per reazione con il suolo, provocando una deformazione in extrarotazione di tutto l’avampiede che prende nome di supinazione.
Piede piatto : i tre stadi
La rotazione interna (pronazione) del retropiede e la successiva rotazione esterna (supinazione) dell’avampiede provocano un movimento elicoidale nel piede con la scomparsa della volta e la caratteristica caduta dell’arco longitudinale interno.
La gravità del piede piatto valgo viene suddivisa in tre stadi:
I stadio: l’arco longitudinale risulta ridotto, ma è ancora presente. La funzionalità del piede è sostanzialmente normale, in particolar modo se esso non è sottoposto ad alcun carico.
II stadio: l’arco longitudinale non è più visibile. Si inizia ad assistere alla comparsa di sintomatologia dolorosa e all’alterazione morfologica del piede.
III stadio: l’arco longitudinale è mancante e si ha convessità del bordo mediale del piede.
Terapia Chirurgica del piede piatto
Nel bambino questo tipo di deformità è spesso asintomatico, ma, se grave, va riconosciuto precocemente e trattato prima con una terapia podortotica e riabilitativa, poi con intervento chirurgico precoce nelle forme gravi e resistenti. In questi casi si inserisce una piccola protesi cilindrica nel seno del tarso (fra astragalo e calcagno), atta a stoppare lo scivolamento del calcagno verso l’esterno, in genere in materiale biologico a lento riassorbimento. Nella crescita, in genere fra gli 8-12 anni, il piede operato si plasma secondo il nuovo assetto e ritorna normale.
Nell’adulto il piede piatto può consentire una vita normale o diventare progressivamente sintomatico: spesso si associa a dolori e stanchezza delle gambe, a mal di schiena. Tende a evolvere verso l’artrosi, le rotture tendinee, le plantalgie, le deformità delle dita. I plantari sono una buona soluzione nelle fasi iniziali. Nei gradi avanzati è necessaria una chirurgia ossea che:
Osteotomie di ricentraggio del calcagno per ricentrare l’asse di carico con,
Tenodesi-tenorrafie: ritensioni e riparazioni tendinee, allungamenti tendinei, specie del tendine di achille,
Artrodesi: fusioni articolari atte a stabilizzare il piede in buona posizione.
La chirurgia del piede piatto dell’adulto è difficile, con lunghi tempi di ripresa ed incerti risultati, ecco perché la deformità va riconosciuta precocemente ed i peggioramenti prevenuti, con plantari, attività fisiche, norme dietetiche, farmaci.
Tipologie d’intervento del piede piatto
L’intervento consiste nell’introduzione di una semplice vite per via percutanea attraverso un forellino della cute, all’interno del seno del tarso che è quello spazio normalmente esistente tra calcagno e astragalo, la cui escursione eccessiva in pronazione è responsabile della deformità.
L’introduzione di una vite in questo spazio, o nel calcagno, limita l’iperpronazione impedendo lo scivolamento dell’astragalo sul calcagno.
Tale correzione è inizialmente di natura meccanica ma successivamente assume una natura propriocettiva, in quanto lo stimolo meccanico esercitato dalla vite a livello dei recettori presenti nei tessuti del seno del tarso stimola per via riflessa i muscoli deputati al mantenimento della volta la cui tensione viene adattata alla nuova situazione e perpetua la correzione anche dopo la rimozione della vite.
Come si esegue
Una volta, l’intervento era più invasivo e veniva eseguito operando sia sulle ossa che sui tendini, strutture capsulari e legamentose, con successiva immobilizzazione con gesso. Attualmente esistono diverse tecniche che prevedono la semplice introduzione di una vite per via percutanea subito sotto la caviglia, dal lato esterno, attraverso un forellino della cute che richiede la chiusura con un solo punto di sutura.
L’unica differenza tra le tecniche è il posizionamento della vite che può essere posta all’interno del seno del tarso (artrorisi sotto-astragalica) o per infissione nell’osso calcaneare (calcaneo-stop) o nell’osso astragalico (vite astragalica). L’introduzione della vite evita l’eccessiva inclinazione verso l’esterno del retropiede e permette il mantenimento della corretta curva interna del piede (volta plantare).
La durata dell’intervento è di circa 15-20 minuti per piede, può essere eseguito su entrambi i piedi in contemporanea, in anestesia locale.
Calcaneo – stop :L’intervento di calcaneo stop e quindi l’impianto della vite endortesi retrograda è indicato nell’età evolutiva cioè tra i dieci e i tredici anni. Infatti, non tutti i piedi piatti nel bambino o nell’adolescente
devono essere operati, ma soltanto quei piedi che oggi noi definiamo funzionalmente e non solo morfologicamente piatti, quindi non solo con aspetto di piattismo come spesso in passato si riteneva.
Sono quei piedi che durante tutto lo svolgimento del passo, durante la fase attiva di contrazione muscolare rimangono piatti, non si contraggono mai e quindi mantengono alterata questa posizione dell’articolazione sottoastragalica. E’ su questo elemento che l’intervento di calcaneo stop e quindi l’impianto della vite endortesi può agire in maniera sicuramente importante.
Tramite una piccola incisione nel seno del tarso si infigge una piccola vite all’interno dell’astragalo (osso della caviglia), la parte terminale della vite, che presenta un ingombro maggiore (di solito sferica), viene a trovarsi in questo modo nel seno del tarso e si oppone in questa maniera alla pronazione del calcagno (osso del tallone), correggendo la pronazione e facendo risalire la volta plantare.
Al termine dell’intervento si utilizzano 2 tutori con i quali il bambino si può mettere in piedi dopo 2-3 giorni e deambulare con l’ausilio di 2 stampelle, dopo circa 3 settimane si rimuovono i tutori ed il bambino rimane libero. Le viti vengono mantenute per circa 18 mesi , tempo necessario all’organismo di apprendere la correzione del piede ed il nuovo programma motorio, quindi si esegue l’intervento di rimozione.